Una cosa molto umana (con Gianpiero Kesten)
Questa è Filo, la newsletter che districa le cose che ingarbugliano i pensieri. Esce una volta al mese, ma quella volta si diverte 🙂
Oggi parliamo di perché
La scorsa puntata di questa newsletter – “True Crime”, con Stefano Nazzi – iniziava con un gatto immaginario che faceva una brutta fine, tipo questa. Era un espediente per introdurre l’argomento della curiosità morbosa: quel particolare tipo di curiosità che ci porta ad approfondire le storie di omicidi.
Per fortuna dei gatti immaginari, il nostro desiderio di conoscenza non si limita ai fatti violenti. L’essere umano è un animale istintivamente curioso: cercare e scoprire nuove informazioni ci gratifica, perché attiva quel famoso sistema di ricompensa che sollecita le sensazioni legate alla felicità. Una persona curiosa potrebbe chiedersi: “come mai?”.
Negli anni sono state formulate molte ipotesi per rispondere a questa domanda, guidate da quello che è stato definito NFC1, acronimo di Need for Cognition (cioè “bisogno di cognizione”). Si tratta del desiderio di comprendere e dare un significato al mondo, e si esercita attraverso attività cognitive impegnative, come ragionare su un concetto, mettere in discussione una teoria o capire il funzionamento di un meccanismo.
A differenza della semplice “curiosità”, che condividiamo con altre specie (tra cui i granchi, le api e questo verme trasparente2), l’NFC non è un istinto, ma un tratto della personalità: esistono persone che hanno un bisogno di cognizione più alto e altre che ce l’hanno più basso. Alcuni studi hanno riscontrato una correlazione positiva tra l’NFC e l’intelligenza: all’aumentare del primo aumenta anche la seconda, e viceversa3.
Ma esiste un legame più interessante: quello tra l’NFC e l’umore.
La curiosità rende felici
Detta così è un po’ semplicistica, quindi rimediamo: è stato ipotizzato che le persone con poco NFC siano più inclini a sperimentare i sintomi dell’ansia e della depressione4. Diverse ricerche successive hanno dato forza a questa ipotesi, arrivando a conclusioni che puntano nella stessa direzione.
Nur Hani Zainal e Michelle G. Newman hanno fatto il lavoro al posto nostro, raccogliendole per un loro studio5. Chi possiede un livello basso di NFC:
è meno capace di evitare i pregiudizi e di usare il pensiero critico;
ha meno probabilità di adottare gli stili di vita e i comportamenti che portano a una crescita personale e professionale;
prova maggiore irritabilità, maggiore umore depresso e minore motivazione sul posto di lavoro.
In uno studio condotto su un gruppo di studenti universitari giapponesi, una diminuzione dell’NFC ha preceduto un aumento dei sintomi depressivi6. Zainal e Newman hanno concluso che un calo prolungato del bisogno di cognizione può essere sia un segnale che una conseguenza dell'aumento dei sintomi di ansia e depressione.
Esercitare questo particolare tipo di curiosità potrebbe essere una strategia efficace per trattare o prevenire i disturbi depressivi e quelli d’ansia. Perché il bisogno di cognizione può essere allenato, e tra poco vedremo come.
Prima però facciamo un po’ di gossip.
Anche il pettegolezzo ha il suo perché
Cos’è
È una forma di comunicazione in cui si scambiano informazioni su una persona che non è presente, spesso in modo giudicante, malevolo o superficiale.
È una forma di curiosità
Serve a acquisire informazioni, a costruire dei legami sociali, a influenzare le opinioni del proprio gruppo di riferimento e a divertirsi.
Ma ha anche dei difetti
I pettegolezzi negativi hanno ripercussioni emotive su chi li subisce. Oltre alla sua reputazione possono danneggiare la cooperazione e la fiducia7.
68%
I discorsi che riguardavano le persone assenti, secondo uno studio che ha analizzato le conversazioni in una caffetteria universitaria.
Studio: Levin, Arluke
30%
La percentuale delle volte in cui le persone ritenevano di fare del gossip, molto più bassa del valore reale, secondo un’altra ricerca.
Studio: Sharpsteen, citato in Goodman, Ben-Ze’ev
Quanto pesano le nuvole?
Non è affatto detto che ci serva saperlo. Ma probabilmente ci serve scoprirlo, cioè prenderci del tempo per indagare e arrivare a una risposta. La parte migliore della curiosità è che possiamo esercitarla su qualsiasi cosa, anche perché statisticamente parlando non sappiamo nulla.
Ne abbiamo parlato con Gianpiero Kesten (@radio_kesten), che prima di diventare uno dei podcaster più ascoltati su Spotify ha fatto l’autore televisivo, il conduttore radiofonico e il professore di italiano. Il podcast che l’ha reso molto famoso si chiama Cose Molto Umane: esce tutti i giorni e pone delle domande a cui probabilmente non hai mai pensato, ma di cui per qualche strana ragione vuoi conoscere la risposta.
Scopri il tuo livello di curiosità
Nel 1982, gli psicologi Richard Petty e John Cacioppo idearono un test per misurare il bisogno di cognizione8.
La versione originale era formata da 34 frasi, che poi per fortuna sono state ridotte a 18. Per ogni frase devi assegnare un punteggio che va da -4 a 4, in questo modo.
Completamente in disaccordo: -4 punti.
Molto in disaccordo: -3 punti.
In disaccordo: -2 punti.
In leggero disaccordo: -1 punto.
Né d’accordo né in disaccordo: 0 punti.
Leggermente d’accordo: 1 punto.
D’accordo: 2 punti.
Molto d’accordo: 3 punti
Completamente d’accordo: 4 punti.
Le frasi con l’asterisco vanno calcolate al contrario. Se per esempio sei completamente d’accordo con la domanda numero 3, invece di assegnare 4 punti, assegna - 4 punti (e viceversa).
Ora hai tutto l’occorrente per completare il test. Assegna un punteggio a queste affermazioni, tenendo a mente la questione dell’asterisco.
Preferisco i problemi complessi a quelli semplici.
Mi piace la responsabilità di gestire una situazione che richiede molto ragionamento.
Pensare non è la mia idea di divertimento.*
Preferisco fare le cose che richiedono poche riflessioni che fare le cose che mettono alla prova la mia capacità di ragionare.*
Cerco di evitare le situazioni in cui è probabile che debba riflettere in modo approfondito su qualcosa.*
Mi piace riflettere intensamente e molto a lungo.
Penso solo fino al punto in cui mi serve.*
Preferisco pensare ai piccoli progetti quotidiani che a quelli a lungo termine.*
Preferisco i compiti che richiedono piccoli sforzi cognitivi dopo essere stati appresi.*
Mi piace l’idea di farcela attraverso il pensiero.
Mi piacciono molto quelle attività che implicano trovare nuove soluzioni ai problemi.
Imparare nuovi modi di pensare non mi entusiasma granché.*
Preferisco che la mia vita sia piena di enigmi da risolvere.
L’idea di pensare in modo astratto mi attira.
Preferisco un compito intellettuale, difficile e importante a un compito importante ma che non richiede pensiero.
Quando completo un compito che ha richiesto un grande sforzo mentale, più che soddisfazione provo sollievo.*
Per me è sufficiente che qualcosa funzioni: non mi interessa capire come o perché.*
In genere finisco per riflettere anche su questioni che non mi riguardano personalmente.
Per interpretare il risultato, tieni presente che il punteggio minimo è -72 e quello massimo è 72.
La curiosità si può allenare
Se non fosse una frase anatomicamente sbagliata, potremmo dire che la curiosità è un muscolo. Quale che sia il tuo punteggio, esistono dei modi per migliorarlo.
Lo studio che ha ispirato questa puntata – quello che ha scoperto che la curiosità può aiutare a trattare l’ansia e la depressione – suggerisce diverse strategie da adottare in parallelo a un percorso di terapia: puoi impegnarti in attività intellettuali stimolanti, che richiedono grandi energie mentali, e parlarne ad alta voce, in modo da riconoscere lo sforzo che stai facendo. Un’altra strada è riscoprire la curiosità che avevi durante l’infanzia, quella voglia di guardare il mondo con occhi nuovi, di chiedersi il perché di tutto. Potresti anche provare a risolvere enigmi e ad approfondire gli argomenti di attualità che ti sembrano complessi, con una certa costanza.
Ma ci sono sicuramente anche altri modi. Pensaci su.
Il filo continua 🧵
Per approfondire, dai un'occhiata a questi contenuti che non abbiamo fatto noi.
Cose molto umane
È il podcast quotidiano di Giampiero Kesten, ospite di questa puntata. Gli episodi sono molto brevi e parlano davvero di tutto. Sul sito del progetto trovi gli spinoff del podcast, il merchandise ufficiale e altro materiale per fan molto fedeli.
Una voce a caso su Wikipedia
Nel momento in cui scriviamo, l’edizione italiana dell’enciclopedia online Wikipedia conta quasi 2 milioni di voci: un paradiso per le menti curiose. Se hai voglia di imparare qualcosa ma non sai bene cosa, puoi atterrare su una pagina a caso: a noi sono capitati il politico tedesco Frank-Walter Steinmeier, un ginnasta non proprio vincente e questo comune francese di 24 abitanti.
Neal.fun
È un sito che raccoglie tanti piccoli mini-siti realizzati dallo sviluppatore Neal Agarwal. Sono interattivi, graficamente curati e decisamente curiosi: si può scoprire visivamente quant’è grande l’Universo o quante cose si possono comprare con i soldi di Bill Gates. Spettacolare per perdere tempo.
Dov’è Curiosity?
Curiosity è il nome del rover – cioè di un veicolo che serve a esplorare corpi celesti, come lune o pianeti – che si trova su Marte dall’agosto del 2012. Il suo compito è raccogliere dati climatici, geologici e ambientali per aiutarci a capire se il pianeta sia abitabile. La missione sarebbe dovuta durare un paio d’anni, ma è ancora in corso: se hai la curiosità di sapere dov’è Curiosity adesso, esiste una pagina fatta apposta.
Geopop
È il progetto di divulgazione scientifica creato dal geologo Andrea Moccia. Anche in questo caso, l’idea è spiegare in modo molto semplice questioni che non lo sono affatto, e che toccano discipline come la fisica, la chimica, la storia e la geologia. Il punto di forza del progetto è probabilmente il canale YouTube, ma Geopop è anche un podcast e un sito web.
Le altre puntate, su altre cose
Dietro Filo ci siamo noi: ci piacerebbe se ci fossi anche tu. Facci sapere cosa funziona e quello che dovremmo migliorare.
Bibliografia
COHEN AR, STOTLAND E, WOLFE DM. An experimental investigation of need for cognition. J Abnorm Psychol. 1955 Sep;51(2):291-4. doi: 10.1037/h0042761. PMID: 13263045.
Benjamin D. Hill, Joshua D. Foster, Emily M. Elliott, Jill Talley Shelton, Jessica McCain, Wm. Drew Gouvier, Need for cognition is related to higher general intelligence, fluid intelligence, and crystallized intelligence, but not working memory, Journal of Research in Personality, Volume 47, Issue 1, 2013, Pages 22-25, ISSN 0092-6566, https://doi.org/10.1016/j.jrp.2012.11.001
Cacioppo, J. T., Petty, R. E., Feinstein, J. A., & Jarvis, W. B. G. (1996). Dispositional differences in cognitive motivation: The life and times of individuals varying in need for cognition. Psychological Bulletin, 119(2), 197–253. https://doi.org/10.1037/0033-2909.119.2.197
Zainal NH, Newman MG. Curiosity helps: Growth in need for cognition bidirectionally predicts future reduction in anxiety and depression symptoms across 10 years. J Affect Disord. 2022 Jan 1;296:642-652. doi: 10.1016/j.jad.2021.10.001. Epub 2021 Oct 7. Erratum in: J Affect Disord. 2023 Feb 15;323:894-897. PMID: 34627855; PMCID: PMC8759714.
Nishiguchi Y, Takano K, Tanno Y, 2016. The need for cognition mediates and moderates the association between depressive symptoms and impaired effortful control. Psychiatry Res. 241, 8–13. 10.1016/j.psychres.2016.04.092.
Roy Liff & Ewa Wikström (2021) Rumours and gossip demand continuous action by managers in daily working life, Culture and Organization, 27:6, 456-475, DOI: 10.1080/14759551.2021.1884681
Cacioppo, J. T., & Petty, R. E. (1982). The need for cognition. Journal of Personality and Social Psychology, 42(1), 116–131. https://doi.org/10.1037/0022-3514.42.1.116