True Crime (con Stefano Nazzi)
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Oggi parliamo di persone
Secondo un proverbio inglese, “la curiosità uccise il gatto”. L’insegnamento che dovremmo trarne è che ficcare il naso può essere pericoloso. Ma a costo di correre il rischio, com’era fatto questo gatto? E soprattutto, com’è morto? Cosa stava facendo di preciso? Esiste un podcast per saperne di più?
La ricerca delle risposte sta alla base del True Crime, il genere narrativo che racconta le storie di crimini realmente accaduti. Non è un fenomeno nuovo, ma da qualche anno si sta dimostrando particolarmente popolare: nel momento in cui scriviamo questa puntata, i tre podcast più ascoltati su Spotify Italia sono podcast True Crime, un dato in linea con il successo internazionale di serie TV come Tiger King, Making a Murderer o Dahmer.
Naturalmente, la principale differenza con il proverbio del gatto è che le vittime delle storie True Crime non sono animali immaginari, ma persone vere, che hanno sofferto e/o sono morte davvero, e che oggi si ritrovano inconsapevolmente a riempire il nostro tempo libero. In psicologia, la curiosità che ci spinge ad approfondire le dinamiche di un evento macabro viene definita “morbosa”: un aggettivo che in senso figurato può significare “anormale”, “opprimente” e “ossessivo”.
Se sei tra le persone a cui interessa il True Crime, questa definizione potrebbe metterti a disagio: potresti cioè pensare che in te ci sia qualcosa di sbagliato. In realtà, sembra che la curiosità morbosa si sia rivelata vincente a livello evolutivo: conoscere le minacce presenti nell’ambiente aiutava i primi esseri umani a gestirle meglio, attraverso quello che è stato definito “un sistema di vigilanza protettiva”.
Ma pare ci siano anche altre ragioni.
Perché ci appassioniamo al True Crime?
In uno studio recente, Hanna Rose Harbison Ruedisili ha raccolto le principali teorie emotive e cognitive che si sono occupate di questa domanda.
1. Per avere delle risposte.
Se uno stimolo è troppo complicato per essere compreso, sentiamo il bisogno di studiarlo per ridurre la complessità e superare la sensazione di incertezza – la stessa che ci fa storcere il naso quando scopriamo che un crimine è rimasto insoluto.
2. Perché ci piacciono.
In alcune persone i contenuti True Crime possono indurre uno stato di eccitazione (o per usare un termine più preciso, di “arousal”). Il tratto della curiosità morbosa è correlato a quello della ricerca di sensazioni “forti”, presente ad esempio in chi ama i film horror.
3. Per empatia
Di fronte alle storie True Crime tendiamo a rispecchiarci nella vittima. L’interesse per i contenuti “morbosi” ci offre l'opportunità di allenare l'empatia e le dinamiche sociali, aumentando le capacità di comprensione e di previsione.
4. Per gestire le emozioni.
Esplorare i contenuti negativi può essere un modo sicuro per affrontare sensazioni difficili, come la paura, la rabbia e la tristezza. Ci consente di migliorare la nostra “regolazione emotiva”, cioè la capacità di riconoscere e gestire le emozioni in modo sano.
5. Perché pensiamo sia giusto.
Verso alcune storie possiamo provare quello che lo studio definisce “responsabilità morale”. Scegliamo volontariamente di avvicinarci alle informazioni negative, anche al costo di soffrirne, perché pensiamo che sia nostro dovere sapere e comprendere.
Sono tutte ragioni valide, e a volte interconnesse, che ci raccontano un lato nascosto (e molto utile) della connessione emotiva che ci lega al True Crime. Ma come per tante altre cose, l’importante è non esagerare.
I problemi del troppo True Crime
Ci rende ipervigili
Una dieta molto ricca di contenuti di cronaca può darci l’impressione che il pericolo sia sempre dietro l’angolo, avvicinandoci a uno stato di allerta costante che può aumentare l’ansia e i livelli di stress.
Cambia la percezione
Una ricerca finlandese ha riscontrato che le persone che consumano in modo attivo notizie e contenuti legati alla cronaca nera provano più paura della criminalità, indipendentemente dai tassi reali.
Cosa dicono i dati
Secondo l’FBI, dal 1993 al 2019 il numero di crimini violenti commessi negli Stati Uniti è calato del 49%. Eppure, in 20 dei 24 sondaggi Gallup condotti dal 1993, almeno il 60% del campione sosteneva che la criminalità era cresciuta rispetto all'anno precedente.
44%
La percentuale di donne che ascolta regolarmente podcast True Crime, contro il 23% degli uomini, secondo un sondaggio svolto su 5,132 persone.
Sondaggio: PRC
70%
La percentuale di donne tra le 1398 vittime conosciute di omicidi seriali negli Stati Uniti, nel periodo che va dal 1985 to 2010.
Dati: FBI
Non si tratta solo di quantità
L’esagerazione riguarda anche il modo in cui affrontiamo questi contenuti. Confezionato in un certo modo, il True Crime può dividere il pubblico in tifoserie – “è innocente, è colpevole, è stato lui, è stata lei”. Un approccio molto facile da adottare, ma che ha poco a che fare con i fatti (e anche con i benefici a cui abbiamo accennato).
Ne abbiamo parlato con Stefano Nazzi (@stenaz), che fa il giornalista da tanti anni, e che nel corso della sua carriera si è occupato di tante storie come queste: storie di cronaca, di cronaca nera, di cronaca giudiziaria. La sua voce è diventata particolarmente famosa dal primo aprile 2022, quando uscì la prima puntata di Indagini, che nel giro di non molto sarebbe diventato uno dei podcast più ascoltati in Italia.
Un riassunto, se serve
Il crimine e il macabro sono affascinanti per molte ragioni: principalmente perché ci allenano a riconoscere e reagire ai pericoli, ma anche perché ci fanno scavare nella natura umana, aiutandoci a conoscere meglio noi e le premesse che costruiscono quelli che frettolosamente vengono chiamati “mostri”.
Attraverso il True Crime soddisfiamo il nostro bisogno di sentirci al sicuro, percependo la discrepanza tra la situazione rappresentata e la nostra vita. Ma possiamo anche cercare l’adrenalina, coltivare l’empatia, trovare un senso al caos, al male e agli eventi che ci causano reazioni emotive tanto forti.
Per quanto affascinante, il crimine rimane qualcosa che vogliamo tenere fuori dalla nostra vita: la curiosità morbosa potrebbe quindi essere più una necessità che un desiderio di fuga dalla realtà (quella che invece possiamo soddisfare leggendo storie di draghi, di magia o di astronavi).
Quindi non c’è nulla di “malato” dietro alla passione per i podcast, le serie o i libri True Crime. Però è importante approcciarsi a questi contenuti con misura, non solo perché rischiano di darci una percezione infondata del mondo, ma anche per rispettare le vittime dirette e indirette delle storie.
Per dare il meglio di noi, invece che il peggio.
Il filo continua 🧵
Per approfondire, dai un'occhiata a questi contenuti che non abbiamo fatto noi.
Indagini
È il podcast di Stefano Nazzi: ogni puntata parte da un fatto di cronaca per concentrarsi sull’inchiesta, sui processi e sul modo in cui i media l’hanno raccontato. Ha uno spinoff – Altre Indagini – che è riservato alle persone abbonate al Post, il giornale che produce i due podcast.
A sangue freddo
È un romanzo dello scrittore americano Truman Capote: descrive gli omicidi di una famiglia di quattro persone avvenuti in una comunità agricola del Kansas. Uscito nel 1966, viene considerato il primo esempio di True Crime, soprattutto per il modo in cui Capote decise di scriverlo, adottando tecniche romanzesche per narrare fatti reali.
Only Murders in The Building
È una serie “comedy mistery”, cioè che mischia tratti comici a elementi di mistero. Selena Gomez, Steve Martin e Martin Short sono tre fan di podcast True Crime che iniziano a indagare su una morte sospetta avvenuta nel loro condominio di New York. In Italia è disponibile su Disney+.
Polvere
È uno dei podcast True Crime che ha avuto maggiore successo in Italia: ricostruisce il caso di Marta Russo, una studentessa della Sapienza che venne uccisa da un colpo di pistola mentre camminava nel cortile dell’università, per ragioni che i processi non hanno del tutto chiarito. È stato realizzato per l’Huffington Post dalla filosofa Chiara Lalli e dalla giornalista Cecilia Sala.
History VS Hollywood
È un sito che analizza i film e le serie basate su “storie vere” per capire quanto siano effettivamente aderenti ai fatti reali, evidenziando i punti in cui la sceneggiatura si prende delle libertà. È ottimo per il True Crime ma anche per i “biopic” (che poi sono i film biografici). In inglese.
Le altre puntate, su altre cose
Dietro Filo ci siamo noi: ci piacerebbe se ci fossi anche tu. Facci sapere cosa funziona e quello che dovremmo migliorare.