Dire di no (con Marco Cappato)
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Sei in un laboratorio dell’Università di Yale
Uno scienziato ti propone di partecipare a un importante esperimento. Un uomo sta per sottoporsi a una prova di memoria: il tuo compito è dargli una piccola, media o grande scossa elettrica ogni volta che sbaglia una risposta. Daresti un importante contributo alla scienza e riceveresti dei soldi, che male non fa. L’uomo naturalmente è consenziente. Accetti di partecipare?
Queste erano le premesse dell’esperimento di Milgram1, organizzato nel 1961 proprio a Yale. Forse la tua risposta dipenderebbe dalla distanza tra te e la cavia: il 65% dei partecipanti che non potevano sentire o vedere le vittime accettò, arrivando a infliggere la scossa più dolorosa.
A questo punto dobbiamo dirti che era tutto finto.
Le scosse non erano scosse, le vittime non erano vittime e l’esperimento non riguardava la memoria. L’idea era un’altra: cercare di capire perché così tante persone “comuni” avessero obbedito a Hitler e ai gerarchi nazisti, rendendo possibili, tra le altre cose, i campi di sterminio.
A quanto sembra l’autorità, i luoghi decisionali e l’educazione all’obbedienza avevano influito sulle loro decisioni. I partecipanti dell’esperimento non percepivano la responsabilità delle proprie azioni: stavano semplicemente seguendo le direttive di una figura più autorevole (lo scienziato). La stessa versione di molti criminali di guerra, come Adolf Eichmann, che si dipinsero come “burocrati”, o come “esecutori” di scelte calate dall’alto.
Anche se possiamo pensare il contrario, non siamo immuni da condizionamenti di questo tipo. Quando qualcuno che riteniamo autorevole ci dice di fare qualcosa, noi tendenzialmente la facciamo. Anche perché genitori, scuola e libri sacri ci hanno insegnato a comportarci così.
Quindi oggi parliamo di quello che abbiamo imparato sul campo: disobbedire.
Tre modi di disobbedire
La disobbedienza non ha confini, e se li avesse li varcherebbe: riguarda tutti e tutte noi. Ma ci sono persone che disobbediscono meglio di altre: per natura, per lavoro, per amore di libertà.
Disobbedienza adolescenziale
La nostra mente si prende circa 25 anni per svilupparsi completamente. E le ultime parti che si formano sono la corteccia frontale e quella prefrontale, che hanno il compito di inibire le emozioni, sviluppare l’autocontrollo, coordinare pensieri e azioni2. Tutte abilità che ci aiutano a obbedire.
È anche per questo che dopo l’adolescenza riusciamo a soppesare meglio i costi e i benefici. Dopo anni di perfezionamento, il nostro cervello si porta via la supponenza giovanile e ci consegna la meravigliosa paura delle conseguenze.
Disobbedienza funzionale
È quel tipo di disobbedienza che viene fatta in modo strategico e intenzionale, per raggiungere un obiettivo più ampio: ad esempio, un giudice nazionale che decide di non seguire una soluzione della giurisprudenza della Corte europea, motivando il proprio dissenso. Questi atti di disobbedienza generano uno scambio di argomenti per offrire la migliore interpretazione possibile della legge3.
Disobbedienza civile
Consiste nel violare una legge e nel rivendicarlo pubblicamente, assumendosene le responsabilità (e le sanzioni che ne derivano). L’obiettivo è mettere in discussione una politica governativa specifica, che si ritiene moralmente sbagliata4. È quindi un atto di coscienza portato avanti con le migliori intenzioni (cosa che non lo rende automaticamente giusto o giustificato).
Nel primo caso, disobbedire ci aiuta a fare esperienza e a sbagliare, quindi a crescere; nel secondo permette alla legge di aderire meglio ai casi specifici che deve valutare; nel terzo è un sacrificio personale in nome dei nostri valori.
La disobbedienza serve
Grazie a lei diventiamo noi
Disobbedire è un buon modo per capire chi siamo e cosa vogliamo. Cominciamo rifiutando i broccoli della mamma e continuiamo abbandonando la facoltà di Medicina che papà voleva tanto che frequentassimo. Alla fine, dopo qualche anno in ufficio, molliamo tutto e apriamo una fattoria. Dove una laurea in medicina veterinaria avrebbe pure fatto comodo. Ma disobbedire è anche questo: scegliere di sbagliare, per scegliere meglio la volta dopo.
Permette di mandare un messaggio
Nel 1955 Rosa Parks rifiutò di lasciare il proprio posto sull’autobus a un uomo bianco, ispirando la protesta che accelerò la fine della segregazione razziale negli Stati Uniti; nel 1967 Muhammad Ali rifiutò di combattere in Vietnam, diventando un influente attivista contro la guerra; tra il 2012 e il 2020, un gruppo di persone occupò la foresta di Hambach per evitarne il disboscamento, riuscendo a convincere il governo. Molte azioni che oggi possono sembrarci giustissime e inevitabili sono state, in principio, disobbedienti e controverse. Ma le leggi possono cambiare, proprio come le persone.
Ne abbiamo parlato con Marco Cappato (@marcocappato), attivista politico e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che in questi anni si è occupato di ambiente, ricerca scientifica, stupefacenti, fine vita e non solo. Dal 1996 a oggi ha partecipato a molte azioni di disobbedienza civile ottenendo, fra le altre cose, la depenalizzazione dell’aiuto al suicidio.
Anche la disobbedienza ha le sue regole
In linea generale, quelle della disobbedienza civile sono:
non si usa la violenza. O meglio, non si causa un danno maggiore rispetto a quello che provoca la politica o la legge che si vuole combattere: un esempio molto citato è la marcia del sale di Gandhi;
deve essere pubblica. Evadere le tasse perché pensiamo siano troppo alte rientra nella definizione solo se ci autodenunciamo. Come ci ha detto Cappato, violare una legge di nascosto significa soltanto violare una legge di nascosto;
bisogna andare incontro alle conseguenze. È l’unico modo che esiste per ricavare, dentro l’ordinamento, un angolo dedicato alla disobbedienza civile. L’incriminazione è necessaria, perché l’obiettivo non è contestare il funzionamento della società, ma solo una specifica legge.
C’è chi pensa che sia necessario anche un nesso tra l’azione e il problema: secondo questo principio, un gruppo animalista sarebbe legittimato a entrare in un laboratorio cosmetico e a liberare gli animali su cui vengono fatti i test. Sarebbe invece meno legittimato a bloccare il traffico per fare parlare dello stesso problema.
In realtà, anche il secondo esempio rientra nella definizione di disobbedienza civile. Il problema è che senza il nesso l’azione risulta meno giustificata, e quindi meno efficace. Quando quattro attiviste di Ultima Generazione5 gettarono del minestrone sul “Seminatore” di Vincent Van Gogh, rispettarono tutte le “regole” della disobbedienza civile: l’azione era pubblica, rivendicata e non violenta (il quadro era protetto da un vetro). Ma venne rifiutata da gran parte dell’opinione pubblica, probabilmente anche per la mancanza di quel famoso nesso.
C’entra anche una questione psicologica, che si chiama atteggiamento reattivo6. Può entrare in gioco quando percepiamo che alcune libertà (come vedere una mostra o muoversi senza restrizioni) vengono minacciate. Più sono importanti per noi, più sentiamo il desiderio di opporci a chi cerca di ridurle; più pensiamo che la questione non ci riguardi, più aumenta il nostro risentimento.
Ambiente, libertà sessuali, libertà di espressione, droghe, ricerca scientifica, fine vita: c’è un argomento che fa scattare la tua reattanza7?
Un riassunto, se serve
L’esperimento di Milgram ha dimostrato come obbedire agli ordini faccia parte di noi, soprattutto se è una persona autorevole a impartirli. Ma conta anche un passato, più o meno comune, fatto di obbedienza ai genitori, agli insegnanti, alle persone più anziane di noi, a Dio.
Per fortuna siamo fenomenali anche a disobbedire. È una specialità di adolescenti, giudici e attivisti: i primi possono dare la colpa (o il merito) al cervello ancora in formazione, i secondi aprire un dibattito su una legge ritenuta inadatta nel nostro Paese, gli ultimi sacrificare la propria libertà per tutelare quella degli altri. L’obiettivo è sempre provare a costruire qualcosa, che sia la propria personalità o un mondo migliore.
Ma cosa rende “civile” un atto di disobbedienza? La non violenza, la decisione di rendere pubblica la propria azione, l’accettazione delle sanzioni previste dalla legge. Rispettare queste regole non significa avere automaticamente il sostegno dell’opinione pubblica.
In questo entra in gioco anche la reattanza psicologica. Se qualcuno imbratta Palazzo Madama con la vernice rosa8, possiamo pensare che non sia suo diritto disporre liberamente di un edificio pubblico, che saranno i nostri soldi a doverlo ripulire, che sporcare un monumento non salverà l’ambiente, eccetera. Più riteniamo che l’azione calpesti i nostri diritti, più ci sentiamo in dovere di osteggiarla. Proprio come quando facevamo di tutto per contraddire i nostri genitori.
Il filo continua 🧵
Per approfondire, dai un'occhiata a questi contenuti che non abbiamo fatto noi.
Credere disobbedire combattere
In questo libro Marco Cappato fa un’analisi e un’apologia della disobbedienza civile. Parla di eutanasia, droghe, internet, sesso, scienza e diritti umani: temi per i quali si è battuto e ha perso la propria libertà (tra il ‘96 e il 2022 venne arrestato sei volte. Non risulta che se ne sia pentito).
Unorthodox
È una serie TV che racconta la vita di Esty, una ragazza cresciuta in una comunità ultra-oltrodossa chassidica che acconsente a un matrimonio combinato. Ma le pressioni di un contesto in cui non si rispecchia si fanno troppo forti: privata della possibilità di leggere, cantare, studiare e gestire il proprio corpo, fugge a Berlino per essere libera. Si vede su Netflix.
L’onda
Questo film tedesco del 2008 nasce da un esperimento sociale svolto in California negli anni Sessanta9. La storia si snoda all’interno di un liceo: un insegnante vuole dimostrare alla classe, attraverso un esperimento, come nascono e si mantengono le strutture sociali autoritarie. Il tema è l’obbedienza cieca – e i suoi risvolti.
Domani smetto
Questa canzone degli Articolo 31 parla di disobbedienza giovanile, di imposizioni e obblighi che calano dall’alto ma ai quali non si vuole sottostare. La disobbedienza è ribellione, la reattanza raggiunge i massimi storici, la tavoletta del cesso resta sollevata.
Kirikù e la strega Karabà
Questo film animato del 1998 si ispira a un racconto folkloristico africano. Nato in un villaggio in cui tutti gli abitanti hanno perso la speranza di liberarsi della malvagia Karabà, Kirikou ignora le raccomandazioni della comunità e sfida la strega per riportare la pace.
Le altre puntate, su altre cose
Dietro Filo ci siamo noi: ci piacerebbe se ci fossi anche tu. Facci sapere cosa funziona e quello che dovremmo migliorare.
Bibliografia
https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_di_Milgram
https://www.scienzainrete.it/articolo/adolescenti-poca-corteccia-molto-rischio/simone-chiusoli/2020-09-22
https://dpc-rivista-trimestrale.criminaljusticenetwork.eu/pdf/martinico_2_15.pdf
https://www.treccani.it/enciclopedia/disobbedienza-civile_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/
https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/22_novembre_04/roma-il-seminatore-van-gogh-imbrattato-zuppa-verdura-ambientalisti-ultima-generazione-
Steindl C, Jonas E, Sittenthaler S, Traut-Mattausch E, Greenberg J. Understanding Psychological Reactance: New Developments and Findings. Z Psychol. 2015;223(4):205-214. doi: 10.1027/2151-2604/a000222. PMID: 27453805; PMCID: PMC4675534.
https://en.wikipedia.org/wiki/Reactance_(psychology)
https://lespresso.it/c/attualita/2023/1/2/ma-cosa-vogliono-quelli-di-ultima-generazione-e-perche-imbrattano-il-senato/2692
https://it.wikipedia.org/wiki/La_Terza_Onda